Lavoro nero, il 68% delle aziende è irregolare. Articolo da TGCOM del 07 novembre 2017

Lavoro nero, il 68% delle aziende controllate risulta irregolare

Pubblicati i dati dei controlli di “Estate sicura” per combattere il far west negli impieghi privati: su 25mila lavoratori, il 22% è ignoto alla pubblica amministrazione

I controlli di “Estate sicura” nei luoghi di lavoro e contro il caporalato hanno portato frutti. Le 25 indagini avviate dai carabinieri del nucleo Tutela Lavoro hanno permesso di denunciare all’Autorità Giudiziaria 48 persone, delle quali 13 in stato di arresto, responsabili di aver sfruttato complessivamente 203 lavoratori. Su 25mila posizioni lavorative vagliate, 5.593 (il 22%) sono risultate ‘in nero’, ovvero totalmente sconosciute alla pubblica amministrazione, mentre altre 3.398 hanno presentato delle irregolarità; fuorilegge il 68% delle aziende controllate. Dodici milioni gli euro evasi. E’ quanto emerge dai numeri presentati dal ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Giuliano Poletti con il comandante generale dell’Arma dei carabinieri Tullio Del Sette e il comandante del comando carabinieri per la Tutela del Lavoro Nicodemo Macrì.

I numeri dell’operazione “Estate sicura”Il ricorso al lavoro nero (2.145 unità) e in generale al lavoro irregolare (1.508 unità) di immigrati rimane molto alto, attestandosi al 34% circa del totale dei lavoratori controllati. Nei controlli effettuati durante tutto il 2017 spiccano i 2.935 lavoratori in nero riscontrati dal gruppo dei Carabinieri tutela Lavoro di Napoli (che monitora l’area Sud). Sul fronte del caporalato le 25 indagini avviate durante la campagna “Estate Sicura” hanno permesso di denunciare all’Autorità Giudiziaria 48 persone, delle quali 13 in stato di arresto, responsabili di aver sfruttato complessivamente 203 lavoratori. Per quanto riguarda il bilancio su tutto l’anno, su 39 indagini svolte, 74 le denunce, 25 gli arresti e 396 lavoratori sfruttati. I vertici dell’Arma e il ministro Poletti hanno sottolineato comunque come la nuova normativa anti-caporalato abbia permesso di contrastare il fenomeno con più efficacia. Infine, durante “Estate Sicura” sono stati accertati 37 casi di truffa ai danni di Enti previdenziali e assistenziali, per un importo di 7.575.367 euro, e denunciate 260 persone.

La piaga del lavoro minorileIl lavoro minorile resta un tema complesso e un fenomeno poco controllato a livello nazionale. Nell’ambito della vigilanza ordinaria svolta, i militari hanno verificato la posizione lavorativa di 376 minori accertandone la posizione irregolare in 175 casi, ovvero nel 46,5% del totale dei lavoratori minori controllati. Comunque, nessun caso accertato èstato segnalato come child labour in quanto tutti riconducibili ad attività lavorative che non ostacolano di fatto l’istruzione e/o lo sviluppo (fisico psichico e sociale e morale) del minore, ma che gli consentono di contribuire all’economia casalinga, spesso anche di supporto alla stessa attività lavorativa della famiglia.

La sicurezza sui luoghi di lavoro e le morti biancheLa campagna “Estate sicura” ha rivolto particolare attenzione anche alla sicurezza nei luoghi di lavoro ed è emerso che delle 1.453 imprese controllate 1.072 – oltre il 73% – è risultato irregolare. “La sicurezza sui luoghi di lavoro continua ad essere un aspetto dolente del mondo del lavoro”, ha osservato il generale Del Sette. Nel 2017 le morti sul lavoro sono salite del 5,2%, 591 in sette mesi, quasi tre al giorno.

 

 

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IL COMMENTO DI A.D.E S.S.D.

La filiera del lavoro nero, nasconde le responsabilità dei mancati controlli dello stato, ed evidenzia la rendita finanziaria ed il dumping contrattuale delle aziende scorrette.

Nel commentare i due articoli allegati vogliamo sviluppare qui di seguito alcune considerazioni sui danni conseguenti il lavoro nero, ma soprattutto la rendita economico finanziaria all’utilizzo scorretto di questa pratica, in particolare nel settore della Logistica e Distribuzione delle Merci, fermo restando che i risultati dei controlli effettuati dal Ministero del Lavoro per il tramite del nucleo dei carabinieri per la tutela del lavoro hanno riguardato in particolare le attività di caporalato tipiche del settore agroalimentare escludendo controlli puntuali del nostro settore. A questo proposito vogliamo precisare che se nei settori esaminati i lavoratori ignoti alla pubblica amministrazione sono risultati pari al 22 %, possiamo tranquillamente affermare come nel nostro settore, la percentuale del lavoro nero, inteso come lavoro effettuato e non retribuito e su cui quindi vengono evasi i contributi, superi abbondantemente il 30 %.

Al nostro settore può applicarsi quanto emerso dallo studio della Kelley School of Business, che, dopo aver analizzato per sette anni 2363 lavoratori di diverse professioni, ha scoperto come dipendenti sotto pressione registrino un aumento del 15,4% di probabilità di morte precoce e aumento di infortuni e incidenti mortali sul lavoro. Da questa analisi emerge appunto che maggior stress porta a una riduzione delle aspettative di vita. Atteso quindi che lavorare sotto pressione e sovraccarico di lavoro, non solo ha pesanti conseguenze negative sulla salute dei dipendenti, ma procura indebiti guadagni in particolare per le aziende e i committenti che, operando  in appalti di servizi, aumentano  i carichi di lavoro diminuendo  il personale impiegato, abbattendo quindi i costi, ma esigendo la medesima produttività.

Nel settore della logistica, facchinaggio e distribuzione merci ad esempio, il carico di lavoro è del 30 % superiore a quanto consentito e previsto dalla legge. Quindi ad esempio, se i piani operativi prevedono 4 addetti, applicando “la regola” dello stress e pressione sul lavoro” se ne impiegano 3, risparmiando su risorse umane, costi del personale, sicurezza, vivibilità, mantenendo la stessa produttività, ma alzando il rischio di stress, infortuni, malattie professionali e incidenti mortali.

Per gli studiosi i dati parlano chiaro e i lavoratori prima di sottoporsi a pratiche dannose dovrebbero chiedersi se ne valga davvero la pena. Ma poiché per molti non esiste possibilità di scelta, salvo licenziarsi e rinunciare allo stipendio, l’appello dei ricercatori è rivolto ai capi, affinché allentino la presa sui dipendenti, non stiano troppo con il fiato sul collo e li coinvolgano maggiormente nei processi decisionali:  “Per evitare conseguenze negative sulla salute può esser sufficiente consentire loro di fissare i propri obiettivi e impostare i programmi”, come ad esempio prevede il settore della buona cooperazione.

Qui di seguito alcuni dati di sfondo ed alcune domande:

– Infortuni temporanei. In Italia, nel dopoguerra si sono avuti circa 30.000 infortuni all’anno con danni permanenti. Gli infortuni con danni permanenti si sono progressivamente ridotti fino al minimo di circa 20.000 infortuni registrati negli anni 1980.

Successivamente il numero di infortuni ha ripreso a crescere fino a giungere nuovamente a oltre 30.000 infortuni all’anno.

– Gli infortuni con danni permanenti sono quelli che comportano mutilazioni o simili e danni alla salute che non sono guaribili completamente.

– I casi di malattie professionali sono, nel mondo, circa 160 milioni ogni anno. Tuttavia la statistica delle malattie è temporanee discordante, in quanto i criteri di controllo sanitario e di monitoraggio variano a seconda del luogo e nel corso del tempo.

– I caduti del lavoro sono le persone decedute a causa di incidenti occorsi durante e per causa del lavoro svolto. Tale locuzione è frequentemente in uso anche nelle strade e nelle piazze d’Italia d essi dedicate. Il fenomeno è anche indicato come morti bianche, dove «l’uso dell’aggettivo “bianco” allude all’assenza di una mano direttamente responsabile dell’incidente».

In senso critico, a partire dagli anni sessanta, è anche utilizzata la locuzione omicidi del lavoro, per rimarcare le responsabilità dei sistemi di produzione delle economie industrializzate e la scarsa attenzione alla sicurezza sul lavoro del sistema industriale.

Concludendo…Se studi, ricerche, commissioni, organismi vari dello stato definiscono sempre in maniera puntuale questa filiera di irregolarità, le domande da porsi sono:    ???

Perché lo stato non “riesce” ad intervenire su questi fenomeni, per ridurli progressivamente riconducendoli al limite della fisiologicità….

Perché si riesce solo a fare analisi di questi fenomeni e non si interviene a controllare reprimere  ed espellere dal mercato gli operatori sleali valorizzando le buone prassi….

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