Il colosso Fedex manda a casa 315 lavoratori e chiude 24 filiali: la prima a Perugia. Articolo da “umbria24.it” del 24 aprile 2018

Il colosso Fedex manda a casa 315 lavoratori e chiude 24 filiali: la prima a Perugia

L’azienda mette le mani avanti: «Nessuna possibilità alternativa, chiudiamo». Scoppia il caso in rete, in massa a firmare la petizione

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Fai per mettere in piedi una ‘operazione’ colossale e finisci per mandare a casa chi più di tutti sperava nell’espansione dell’impresa. I lavoratori. Accade nel mondo dei giganti, come Fedex, leader nel settore dei trasporti, con 660 velivoli, al quarto al mondo per flotta aerea. La multinazionale che il 25 maggio del 2016 ha annunciato ufficialmente l’acquisizione di un altro colosso dei trasporti su strada, la Tnt e, appena due anni dopo, ha dichiarato chiuse 24 filiali e mandato a casa 315 lavoratori. Tra i primi stabilimenti a ‘saltare’ c’è quello di Torgiano, la filiale perugina di Fedex. Qui perdono il ‘posto’ 6 lavoratori perugini.

Chiude lo stabilimento perugino «Sappiamo di essere una delle realtà più piccole – dice a Umbria24 Marco Bizzarri, della Filt Cgil – ma questo non toglie che quanto sta accadendo con Fedex ci vede molto preoccupati e impegnati. Nel tavolo nazionale della trattativa c’è in gioco una partita importante per il paese, parliamo di 315 lavoratori destinatari di un procedimento di licenziamento collettivo di cui 6 di Perugia e la chiusura dello stabilimento. Auspichiamo – aggiunge – che si trovi una soluzione per salvare i posti di lavoro, tutti, e particolarmente i nostri sei, visto anche il ridotto numero. Tengo a precisare che parliamo di una realtà in salute e non di una azienda in sofferenza. Ma le politiche adottate purtroppo sono queste, con un licenziamento collettivo piombato all’improvviso e che richiede l’attenzione di tutti. Auspichiamo nell’intervento delle istituzioni regionali perché si possa trovare una soluzione a questa situazione. Quando le aziende sane compiono scelte simili il segnale è allarmante per tutto quello che ne consegue».

Le cifre Veniamo quindi ai numeri: a ristrutturare è Fedex Italia che attualmente conta 1143 impiegati in 34 stabilimenti e uffici amministrativi. Di questi sono 750 i lavoratori della manodopera e 650 gli addetti all’area ‘operativa’, di cui 485 corrieri. La Tnt invece, che sostituirà con la sua manodopera i lavoratori di Fedex che ‘saltano’, di addetti ne ha 2.500, in 86 stabilimenti, a cui vanno aggiunti altri 4350 lavoratori di aziende appaltatrici (2650 sul trasporto e 1700 al facchinaggio). Fedex giustifica l’operazione con la possibilità di «competere – è quanto si legge nel documento d’azienda con cui si ufficializza il licenziamento collettivo – in modo più efficace ed efficiente, per soddisfare meglio le esigenze dei clienti nazionali e internazionali». E aggiunge: «Solo il perseguimento di importanti economie di scala può garantire» un simile obiettivo. Tradotto: niente doppioni o lavoratori in più del dovuto. Insomma l’attività di trasporto viene sostanzialmente esternalizzata a Tnt. Ne consegue la «definitiva chiusura delle stazioni di Fedex e l’esubero di tutta la manodopera che coincide con tutti i lavoratori delle 24 unità. Il personale non addetto ad attività operative degli stabilimenti in chiusura verrà trasferito  presso altra sede», si legge ancora.

La rete a sostegno dei lavoratori Sul destino dei lavoratori e quindi sulle ipotesi di trattativa al ‘tavolo’ nazionale, la premessa è delle peggiori. Fedex, in sostanza, fa sapere di non avere nessuna intenzione di individuare strade alternative al licenziamento collettivo, né di natura occupazionale né economica, proprio perché la chiusura è irreversibile, infatti scrive: «La società ritiene di non poter adottare misure alternative idonee a porre rimedio all’eccedenza dell’organico per il carattere definitivo e strutturale della chiusura delle filiali, per via della razionalizzazione delle unità presenti sul territorio e spesso sovrapposte e duplicate, con l’effetto di produrre una eccessiva ridondanza di costi e inefficienza rispetto alla possibilità di svolgere la stessa attività con meno unità e un ridotto numero di lavoratori». Nessun accordo di solidarietà quindi «poichè presuppone la possibilità di una ripresa dell’attività che invece la ristrutturazione esclude. Il licenziamento è fissato a 120 giorni dalla comunicazione del 20 aprile». Intanto i lavoratori annunciano battaglia e a questi si aggiungono migliaia di sostenitori: in rete, viene lanciata una petizione contro la chiusura che è già arrivata a quasi 3mila sottoscrizioni. Qui viene documentato lo stato di salute dell’azienda e denunciata l’inopportunità dei licenziamenti oltre che l’indifferenza dimostrata. In questi casi, è ormai risaputo, che la suscettibilità del consumatore può fare più rumore della lotta dei lavoratori. E, soprattutto, certi giganti sono più sensibili al tumulto di chi compra che alle schiene di chi rincasa. Il popolo della rete ha risposto: ‘Presente’.

 

 

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