LA RIDUZIONE DELL’ORARIO DI LAVORO IN GERMANIA E’ REALTA’ CONSOLIDATA E PUNTO DI FORZA PER LA CRESCITA

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La Germania si ripete, grazie il suo modello di relazioni industriali da sempre finalizzato allo sviluppo dei territori in un contesto di produttività aziendale nel rispetto della qualità del lavoro.

Infatti  dopo lo storico accordo del 1985 che porto allora alla progressiva riduzione dell’orario di lavoro da 40 a 35 ore settimanali,  un nuovo importante accordo è stato sottoscritto tra il Sindacato Tedesco della IgMetall e gli Industriali tedeschi, i quali  hanno convenuto la riduzione della settimana lavorativa, a parità di salario,  a sole 28 ore di lavoro settimanali; mentre dall’altro per  chi lo vuole le attuali 35 ore possono essere estese a 40. infatti chi sceglierà l’orario ridotto, lo potrà fare  per occuparsi dei figli piccoli o di parenti malati o perché svolge un lavoro usurante e lo potrà fare senza subire il taglio del salario precedentemente percepitolo.

Tutto ciò avviene mentre nel nostro Paese, assistiamo ad una disoccupazione generale al 10,8%, quella giovanile al 32,2%, un tasso di inattività salito al 34,8%, e una riforma, il Jobs act, che non è riuscita a rinvigorire i contratti a tempo indeterminato, l’Italia è un Paese dove lavorare di più è imprescindibile. In Germania, invece, chi lo vorrà, potrà ridurre il proprio orario lavorativo settimanale fino a 28 ore, oppure estenderlo, per volontà del lavoratore ed  ai fini della produttività a 40 ore.L’accordo sui nuovi orari di lavoro siglato tra il sindacato dei metalmeccanici Ig Metall e gli industriali, da un lato consentirà infatti a chi sceglierà di lavorare 28 ore alla settimana per occuparsi dei figli piccoli o di parenti malati o perché svolge un lavoro usurante di non subire il taglio dello stipendio.

Le parti hanno siglato dunque un’intesa pilota, che fa da apripista in Europa.  L’accordo che  è stato firmato per adesso territorialmente  nel Baden-Wurttemberg (la regione che ospita gli impianti di Porsche e Daimler)  riguarderà 900mila lavoratori, ma il sindacato della IgMetall  punta ad estenderlo ai 3,9 milioni di operai del Paese.
Merito dell’accordo implica che gli addetti con contratti a tempo indeterminato potranno ridurre, su base volontaria, la loro settimana lavorativa da 35 a 28 ore per un periodo limitato di 6 a 24 mesi, tornando poi al lavoro alle stesse condizioni che avevano in precedenza.

Le imprese invece,  hanno ottenuto la possibilità di estendere la settimana lavorativa da 35 a 40 ore sempre per i dipendenti che vorranno farlo su base volontaria, ai fini anche della salvaguardia della produttività aziendale, da tempo di fatto una delle  caratteristiche vincenti del modello industriale tedesco.

Su esperienza di questo accordo , andrebbe secondo noi avviata  una riflessione sulla organizzazione del lavoro a fronte dell’innovazione, puntando a rafforzare ruolo e diritti dei lavoratori, infatti  dopo anni segnati dalla moderazione salariale, frutto di una politica sindacale improntata alla concretezza necessaria a contrastare gli effetti dalla crisi economico-finanziaria, la IG Metall, il più grande sindacato al mondo con 2 milioni e 260mila iscritti, ha innestato la quarta.

Dunque nessuna abiura delle scelte del recente passato, ma, un cambio di fase e di prospettiva economica. Infatti per anni in Germania, nonostante la stabilità del quadro politico, l’azione sindacale è stata incentrata nella difesa e nella creazione di lavoro, anche a costo di stipulare accordi difensivi e di contenere le richieste contrattuali.

Nei fatti le retribuzioni in Germania non sono aumentate di pari passo con la produttività del lavoro, dando così alle imprese tedesche un vantaggio rispetto alla concorrenza estera. Per IG Metall è dunque arrivato il momento: i lavoratori dovevano recuperare parte di quella ricchezza che in questi anni hanno contribuito a generare.

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L’accordo raggiunto prevede un aumento dei minimi retributivi del 4,3% a partire da aprile 2018 (i primi tre mesi dell’anno sono coperti da una tantum di 100 euro). Nel 2019 saranno erogati due importi annui: uno del valore di 400 euro uguale per tutti e uno pari al 27,5% del salario mensile percepito. Nel 2020 queste erogazioni saranno consolidate nei minimi retributivi. Per quanto riguarda l’autodeterminazione dell’orario di lavoro e la riconciliazione tra lavoro e vita privata, l’accordo introduce importanti novità a partire dal 2019. È riconosciuto il diritto soggettivo del singolo lavoratore di ridurre l’orario di lavoro (con riduzione parziale del salario) fino a 28 ore settimanali per un minimo di 6 e un massimo di 24 mesi con parziale compensazione del salario perduto. Dopo la scadenza del periodo concordato, potranno decidere di tornare a orario pieno. I lavoratori che devono prendersi cura dei figli (fino ai 14 anni d’età) o dei familiari anziani, oppure lavorano in turni o in attività usuranti, sempre dal 2019, potranno scegliere anziché il sussidio supplementare concordato ulteriori otto giorni di riposo, di cui due sono pagati dal datore di lavoro.

Con questo risultato innovativo, la IG Metall ha riportato la qualità della vita al centro della contrattazione collettiva. L’accordo crea un precedente molto importante per la prospettiva di una maggiore autodeterminazione dell’orario di lavoro da parte dei lavoratori a fronte dei risultati di produttività dell’impresa tedesca.

Bisogna, però, aver chiaro che in Germania, a differenza dell’Italia, esiste un solo livello contrattuale. Il contratto collettivo, di cui stiamo parlando, si rinnova a livello dei singoli stati federali, scegliendone uno come pilota, estendendolo con alcune specificità a tutti gli altri. Il contratto collettivo di settore in Germania ha ridotto notevolmente il suo grado di copertura. In alternativa diversi grandi gruppi (come la Volkswagen) contrattano solo a livello aziendale e, sempre più imprese (specie di piccole e medie dimensioni), applicano la clausola di uscita dai contratti collettivi firmati dalla Confindustria tedesca per applicare regolamenti aziendali unilaterali.

Per questi motivi, qualsiasi comparazione tra le rivendicazioni contrattuali nei diversi Paesi in Europa deve essere contestualizzata ai diversi sistemi di relazioni industriali, ai livelli di produttività dei settori, alla taglia dimensionale media delle imprese. Allo stesso modo le campagne “contro il decentramento contrattuale” di alcuni sindacati europei riflettono, in quei contesti, l’assenza di contrattazione aziendale, decentramento che da noi invece porterebbe una vera svolta.

I contratti nazionali, che coprono tutti i lavoratori, devono infatti fissare le garanzie minime sul piano economico e normativo, mentre la contrattazione di secondo livello,  territoriale o aziendale, rappresenta lo strumento migliore con cui rispondere alle molteplici esigenze di un tessuto produttivo variegato come quello italiano.

In Italia secondo noi l’esperienza della riduzione di orario tedesca potrebbe essere fatta propria a supporto del programma di digitalizzazione e innovazione delle Imprese  Industry 4.0 avviato dal Ministro Calenda, quale grande opportunità sostenuta anche da misure quali il credito d’imposta.

Quello che è certo, è che le produzioni Industry 4.0 saranno sempre più su misura di alcune aziende e/o specifici settori economici, e che quindi contratti generalisti, troppo lontani dalla realtà della fabbrica o di innovazioni di processo come quelle che stanno interessando la Logistica e distribuzione delle Merci saranno del tutto inefficaci a intercettare i profitti e nel dar forza e rispetto al potere del lavoro e intelligenza e sostenibilità alle relazioni industriali.

 Da questo punto di vista è secondo noi importante la nostra esperienza di welfare aziendale, avviata sin dal 1 Aprile 2018, tesa a promuovere ed attuare un innovativo progetto di prevenzione e/o contenimento delle malattie professionali e degli infortuni sul lavoro applicando – a parità di salario – una riduzione  dell’orario di lavoro da 8 a 6 ore giornaliere per i primi soci lavoratori ( over 55 e/o portatori di disabilità/disagi personali) di nostre cooperative impegnate nelle attività delle piattaforme BRT di Roma, Perugia e Ancona.

A fronte di ciò si è ritenuto ottimale di assumere, a 6 ore giornaliere, un nuovo occupato stabile ogni 3 persone a cui è già stata praticata, a parità di salario, una riduzione di orario di lavoro.

E’ chiaro che anche nella nostra esperienza, come in quella dell’accordo tedesco, vi è una contestuale azione, oltre sulla sicurezza, sulla produttività aziendale; perché sarà evidente a tutti che un conto sono 6 ore di lavoro svolte a fine ciclo di carriera lavorativa da un over 55 con problemi fisici, un conto è che le stesse 6 ore siano svolte da un giovane neo assunto nel pieno della sua capacità.

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E’ infine evidente a tutti, che questa tipologia di interventi per la conciliazione tra vita professionale e vita privata dei lavoratori hanno dei costi che secondo noi in parte (almeno per 1/3) possono essere coperti dalla aumentata produttività; mentre per la restante parte dovranno essere a carico dell’azienda e delle Istituzioni preposte con cui convenire sistemi premianti (vedi IRAP su base regionale e sgravi contributivi su base nazionale) a favore di quelle imprese che praticano, attraverso accordi di II livello con OO.SS, tali azioni di welfare aziendale.

 È ora di puntare anche in Italia a una via alta per le sfide di produttività che contempli l’investimento sulla persona in termini professionali e di ruolo ma anche di maggiori spazi di conciliazione con la sua vita privata. Le altre ricette fordiste, fino ad oggi, sono state inefficaci anche per gli obiettivi aziendali.

E da questo dunque che è derivata la scelta del nostro gruppo cooperativo di avviare il percorso sopra descritto, a fronte del fatto che le nuove tecnologie che innovano e stressano i processi produttivi, se vogliamo, possono essere  un grande alleato ad andare avanti, insieme e oltre, mettendo pero in evidenza che prima vengono le esigenze dell’uomo in termini di qualità, sicurezza e vivibilità dei luoghi di lavoro e poi la economia, e che…Germania docet…la cosa e possibile solo se ognuna delle le parti in campo svolgono il loro ruolo e  le Istituzioni dello stato funzionino come regolatori e garanti del sistema e delle regole condivise, siano esse contrattuali o legislative.

 

 

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