Tor Bella Monaca, 51 arresti nella piazza che non dorme mai: lo spaccio tra pestaggi, rapimenti e gite in elicottero

„Un giro da 600.000 euro al mese gestito da tre fratelli considerati “estremamente pericolosi” anche per la metodologia utilizzata: contestata l’aggravante del metodo mafioso“.carabinieri-22

Tra i 15 e i 20mila euro a settimana con la vendita di cocaina, hashish e anche eroina, un giro di spaccio da 600.000 euro al mese che si traduceva in un’ostentazione della ricchezza accumulata, tra supercar che sfrecciavano per il quartiere, matrimoni e feste in carrozza, tour in elicottero e una vita all’insegna del lusso. E tutta l’attività veniva portata avanti pubblicamente. Una “strategia di marketing” per promuovere la facilità con cui ci si poteva rifornire, arrivando e allontanandosi su via dell’Archeologia con la dose in pochi minuti.

Un colpo durissimo, quello sferrato dai carabinieri coordinati dalla Procura di Roma alla piazza di spaccio di Tor Bella Monaca, con 51 persone arrestate in un blitz scattato all’alba di martedì con 300 carabinieri, unità cinofile ed elicotteri. Un’operazione che ha consentito di tagliare i tentacoli di un’organizzazione che faceva capo a tre fratelli, e che si basava su una rete che si allargava in maniera capillare nel quartiere.

Oltre a 44 misure cautelari in carcere e 7 ai domiciliari, il blitz ha portato al sequestro di un’immobile a Castelverde, di due esercizi commerciali a Tor Bella Monaca e di otto macchine: per gli inquirenti sono tutti frutto dei proventi dello spaccio, che i tre fratelli esibivano anche con orologi di lusso, capi d’abbigliamento firmati, vacanze in resort all’estero. Capo indiscusso dell’organizzazione un 35enne, mentre i vice erano due fratelli, 27 anni e 30 anni: a loro il compito di organizzare la piazza, coordinare e gestire pusher e vedette e saldare i conti riportando tutto al maggiore.

Armi, sequestri di persona e pestaggi. Per il gip è “metodo mafioso”

Le indagini del Nucleo Investigativo di Frascati sono partite a febbraio, con l’arresto del maggiore dei tre fratelli per tentato omicidio aggravato dal metodo mafioso: pistola in pugno, ha gambizzato un rivale proprio per questioni legate al controllo del territorio e delle piazze di spaccio.

Piena disponibilità di armi e munizioni per tutti e tre i fratelli (che per il gip che ha firmato 44 misure di custodia cautelare in carcere e 7 ai domiciliari), sarebbero personalità “estremamente pericolose”, pronti a punire chi non rigava dritto o chi era “infedele” con sequestri di persona e pestaggi che coinvolgevano anche i familiari. Non solo all’esterno, ma anche interamente all’organizzazione, usando – come chiarito anche dal gip – “la forza intimidatrice tipica del metodo mafioso, con modalità eclatanti ed evocative dell’appartenenza da un gruppo criminale organizzato tale da incutere nelle vittime una condizione di assoggettamento”. E proprio il metodo mafioso è contestato dalla procura insieme con tentata estorsione, sequestro di persona, lesioni aggravate e autoriciclaggio.

Per la procura, e per il gip che ha firmato l’ordinanza, l’aspetto più inquietante sono proprio le modalità con cui lo spaccio veniva portato avanti: all’ostentazione della ricchezza e “l’assoluto spregio” per le forze dell’ordine si aggiungevano metodi tipici della criminalità organizzata, dall’estorsione al sequestro di persona caratterizzati da “modalità eclatanti ed evocative dell’appartenenza da un gruppo criminale organizzato tale da incutere nelle vittime una condizione di assoggettamento”.

“Trattasi di condotte che costituiscono diretta espressione del metodo mafioso – sottolinea il gip – essendo connotate da un evidente utilizzo della forza di intimidazione propria degli appartenenti alle associazioni di cui all’art. 416 bis, e che si inseriscono in un contesto del tutto peculiare ed estraneo alle logiche della criminalità comune, di assoluta omertà, in considerazione della pericolosità del gruppo”.

La piazza di spaccio che non dorme mai: a capo personalità “estremamente pericolose”

L’inchiesta, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia con il procuratore aggiunto Ilaria Calò e il pm Simona Marazza, ha portato alla luce una gestione “aziendale” del giro di spaccio. I pusher erano inquadrati come veri e propri dipendenti che, se lavoravano con profitto, potevano salire di grado e guadagnare sempre di più, sia in termini economici sia di prestigio e importanza, così come le vedette, che controllavano gli scambi e riportavano ai vertici.

Tutti lavoravano su turni per tenere la piazza attiva 24 ore su 24, ma nessuno era indispensabile: proprio come in una grande azienda, chi veniva forzatamente “licenziato” perché arrestato veniva rimpiazzato, e chi sgarrava veniva punito. Inevitabili.

È proprio l’organizzazione dello spaccio, unita al metodo mafioso con cui veniva portato avanti, a rendere per la procura peculiare, e particolarmente pericolosa, la banda: “L’operazione rappresenta un altro duro colpo alle organizzazioni criminali che gestiscono il traffico di stupefacenti nella Capitale, e in particolar modo nel territorio di Tor Bella Monaca – ha detto il colonnello Salvatore Sauco, comandante dei Carabinieri del Gruppo Frascati – Le indagini hanno permesso di appurare come lo spaccio avveniva secondo un vero e proprio modello aziendale con la divisione in turni, mansioni e addirittura con delle vere e proprie promozioni sul campo per i sodali più fedeli, e punizioni invece per coloro che si rendevano responsabili di presunti sbagli”.

 

 

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