L’Ue mette nel mirino anche Amazon. Tutti i fronti aperti tra Bruxelles e Big Tech

155922319-6db9803a-febc-406e-8f9f-8923e3649b74L’accusa dell’antitrust è di utilizzare in modo improprio di dati aziendali non pubblici dei venditori indipendenti, creando così un vantaggio per le proprie attività di vendita al dettaglio. Ma è solo l’ultimo dei fronti caldi tra Bruxelles e la Silicon Valley. Una panoramica.

L’Unione europea ha aperto un nuovo fronte nella battaglia con i giganti tecnologici americani. Ultima ad entrare nel mirino dell’antitrust Ue è il colosso dell’ecommerce Amazon. L’accusa è di utilizzare in modo improprio di dati aziendali non pubblici dei venditori indipendenti, creando così un vantaggio per le proprie attività di vendita al dettaglio. Se l’autorità guidata della vicepresidente della Commissione, Margrethe Vestager, dovesse decidere di affondare il colpo, la società guidata da Jeff Bezos rischierebbe una multa fino a 28 miliardi di dollari.

Ma è solo l’ultimo dei dossier caldi tra Bruxelles e la Silicon Valley, a 10 anni dalla prima indagine che ha indotto l’Ue a vederci chiaro negli affari europei delle big tech. Ecco i principali.

GOOGLE, MULTE PER OLTRE 8 MILIARDI

Google al momento è la società più colpita dalle multe Ue. Entrata nel mirino della Commissione nel 2010, ha ricevuto finora multe pari a circa 8,2 miliardi di euro, sanzioni arrivate dopo tre indagini diverse. Nel 2018 Bruxelles ha imposto alla società un pagamento di 4,34 miliardi per abuso di posizione dominante del suo sistema operativo per smartphone Android. L’accusa era di aver imposto ai produttori di dispositivi l’obbligo di istallare il browser Chrome e Google Search come requisito essenziale per concedere le licenze del Play store, lo store online di applicazioni e contenuti multimediali.

Nel 2017 invece è stato chiesto il pagamento di 2,42 miliardi sempre per abuso di posizione dominante, ma questa volta sul suo servizio ‘Google Shop’.

Infine 1,49 miliardi sono stati chiesti nel 2019 per pratiche illegali su Google Adsense, la macchina che muove gli incassi pubblicitari online del colosso. E i problemi con l’Europa potrebbero non essere conclusi qui. Ad agosto la Commissione europea ha aperto un’indagine sulla proposta di acquisizione di Fitbit, l’azienda che produce dispositivi connessi per il fitness: il timore delle autorità europee è che questa acquisizione possa ulteriormente rafforzare il monopolio della pubblicità online di Big G. (AGI)

APPLE E IL CASO SPOTIFY 

Apple è tuttora oggetto di un’indagine aperta dall’antitrust dopo la denuncia del 2019 da parte della svedese Spotify, che ha accusato Cupertino di penalizzarla nel suo App Store e sul sistema di pagamento Apple Pay per favorire il proprio servizio di streaming musicale, Apple Music. Accusa analoga è stata fatta da altre società europee nei settori degli ebook e degli audiolibri a marzo di quest’anno.

Ma la commissaria danese Vestager ha puntato Apple anche perché rientra in quella rosa di Big Tech accusate di pagare poche tasse nei paesi in cui fanno affari. Lo scorso 25 settembre la Commissione ha deciso di presentare ricorso alla Corte di giustizia europea contro la sentenza del luglio 2020 del tribunale che ha annullato la decisione di Bruxelles sugli aiuti di stato “illegali” concessi dall’Irlanda a favore di Apple, in cui si chiedeva a Cupertino di pagare 13 miliardi di euro.

FACEBOOK E L’USO DEI DATI

Facebook è con Google oggetto di un’indagine sull’utilizzo dei dati per favorire gli algoritmi che regolano le inserzioni pubblicitarie, core business della piattaforma social. A dicembre 2019 Bruxelles, qualche giorno dopo la conferma di Vestager alla concorrenza, ha deciso di vederci chiaro per capire quanti e quali dati vengono raccolti da Menlo Park. E soprattutto come vengono processati e commercializzati. Ma nel mirino di Vestager c’è anche Marketplace, la sezione di Facebook dedicata all’acquisto e alla vendita di prodotti online. La commissaria è intenzionata a capire se e come questo servizio ostacoli le aziende concorrenti basate in Europa.

BROADCOM E I CHIP

Il produttore di chip americano Broadcom ha accettato di cancellare i suoi contratti di esclusiva con i produttori di tv e modem, cedendo così alle pressioni dell’antitrust europeo che l’anno scorso prima ha prima avviato un’indagine su questi contratti, poi ha minacciato di emettere un ordinanza per fermarle.

QUALCOMM E IL 3G

Ultima per ora in questa lista è Qualcomm, tra i principali produttori mondiali di chip. L’antitrust ha avviato un’indagine sulla società californiana per abuso di posizione dominante sul mercato dei circuiti integrati destinati al 3G. A indagine conclusa l’ha multata per 242 milioni di euro. Secondo Bruxelles Qualcomm ha venduto i suoi prodotti a prezzi inferiori al costo di produzione nel tentativo di mettere fuori mercato Icera, azienda sua concorrente. Un comportamento illegale rispetto alle regole Ue.

AGI 10 NOVEMBRE 2020

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