Non sarà più tutto come prima

 

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Slogan ormai famosi “ andrà tutto bene”e “ tornerà tutto come prima” sono aspetti consolatori dello stato d’animo che razionalmente dobbiamo incominciare a dimenticare.

Non andrà tutto bene perché purtroppo stiamo scontando una scia di vittime impressionante sia tra i pazienti che tra il Personale sanitario che ha combattuto e combatte in prima linea il Virus. E l’epidemia ci sarà costata molto anche socialmente ed economicamente e come ferite psicologiche individuali e collettive che lascerà in ognuno di noi.

Quando torneremo ad uscire e a diventare operativi, in modalità comunque diverse per lungo tempo, ci ritroveremo un mondo diverso nel quale agire e gestire le attività e le relazioni. E non sarà solo fino a quando ci sarà il vaccino ma resterà in noi per il futuro.

Resterà quel senso di fragilità, di insicurezza proprio del fatto che può riproporsi in qualsiasi momento un fenomeno analogo. La paura del fatto di essere impreparati, di non sapere tutto, di non governare tutto come ci eravamo illusi di poter fare.

Si tratta di una fragilità psicologica che stiamo somatizzando e che ci porteremo dietro e può non essere un male perché crea anche sensibilità e presa di coscienza sul fatto che il Pianeta e la Natura non sono di          “ proprietà” di nessuno e quando esageriamo ci ricordano che c’è una legge insuperabile: la Sostenibilità.

Quindi non tornerà tutto come prima, anzi non deve tornare tutto come prima! Perché la Natura e il Pianeta che temporaneamente ci ospitano ci hanno detto in modo brutale: ora basta! Non potete continuare a concepire la vita e l’economia come “consumo distruttivo del nostro mondo e delle sue risorse”.

Ci hanno detto che la Tecnologia non può essere più veloce della Biologia, che le Risorse naturali, Umane e Culturali non sono a disposizione dello sfruttamento selvaggio e dello sconvolgimento degli equilibri di sostenibilità, che l’economia non può essere distruttiva ma circolare, che il lavoro e l’operosità sono una ricchezza e un valore non merce da sfruttare e buttare, che salute e sicurezza devono essere messe al primo posto tra i fini dell’economia e tra i compiti degli Stati.

E quindi che il Mercato non può essere il domino incontrastato ma deve sottostare a regole e condizionamenti molto stringenti, che la produttività anch’essa non è una divinità ma un parametro anche per misurare la sotenibilità.

Ergo il paniere del PIL del futuro dovrà cambiare e misurare meno corsa compulsiva ai consumi e più indicatori del benessere umano e del pianeta.

Una prospettiva che già si costruirà nel pensare la ripresa in sicurezza e che richiede condivisione di protocolli di sicurezza negli ambiti di vita e lavoro e che apre una stagione completamente nuova circa la considerazione del mito della produttività che non potrà più essere quella del cinismo, quella del “ zitti e lavorare per accumulare, fare margine a prescindere”.

Non sarà più cosi, anzi non dovrà essere più cosi come prima! Ed anche nelle filiere si deve aprire un discorso di “protocolli di equità e di sicurezza per tutti nella filiera”. Si dovrà spezzare il maledetto meccanismo che scarica su quello sotto una quota di sfruttamento, di bassa retribuzione della prestazione, una quota di esposizione al rischio di salute ed infortuni. E l’ultimo si deve portare il peso di tutte le quote di valore sottratte prima nei vari passaggi.

Ma questo richiede presa di coscienza e solidarietà tra i vari soggetti e un ruolo nuovo e corretto dei decisori pubblici e dei controllori delle regole. Se c’è latitanza, omissione voluta o meno tutto diventa difficile.

Questa è la prospettiva da costruire, da conquistare perché tutto non sia e non sarà come prima e la ripresa di un’economia disastrata non finisca per essere pagata dai più deboli e si continui a violentare un contesto ambientale che non tollera più l’attuale agire violento dell’Uomo.

E in questo meccanismo ci siamo tutti con responsabilità proprie sia con ruoli attivi ( chi comanda il mercato)  o passivi quali masse e individui condizionati nella perfida filiera del consumismo.

Si tratta di un meccanismo culturale e sociale complesso che per la prima volta però è stato messo in profonda crisi e discussione e spetta a tutti noi fare in modo che la ricostruzione non avvenga secondo lo slogan “ tornerà tutto come prima”.

Serve riflessione, ricerca e studiare per andare nel nuovo mondo e serve una cultura affinata della complessità e della sostenibilità come paradigma del procedere, la stella polare, la nostra mappa culturale. Ecco la puntualità del Primo Faro e dell’Accademia come risorse per aiutarci a essere protagonisti del futuro…di un futuro tanto diverso che non immaginiamo.

E stavolta non è un modo di dire.

 

  Mario Terra

RIS

(Ricerca Innovazione Sostenibile)

 

 

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